L’industria italiana delle piastrelle di ceramica ha chiuso il 2022 con una sostanziale conferma dei volumi di produzione, vendite ed export registrati lo scorso anno. La domanda di ceramica made in Italy, proveniente da tutti i Paesi del mondo, ha registrato un progressivo rallentamento durante l’anno. Una situazione condizionata dai fortissimi rialzi nel costo dell’energia, che per la sola componente termica ha determinato un aggravio superiore a 1 miliardo di euro. Il preconsuntivo 2022 elaborato da Prometeia evidenzia per l’industria italiana delle piastrelle di ceramica volumi di vendite intorno ai 458 milioni di metri quadrati (+0,7% rispetto al 2021), derivanti da esportazioni nell’ordine di 364 milioni di metri quadrati (+0,2%) e vendite sul mercato domestico superiori ai 93 milioni di metri quadrati (+2,6%). La crescita ha interessato l’area del Golfo ed il Far East, mentre stabili sono risultate le vendite in Europa Occidentale, Balcani ed America Latina; in flessione i mercati di Europa orientale e NAFTA. Le forti oscillazioni della domanda e dei costi produttivi registrati nel corso dell’anno richiedono una particolare attenzione nel valutare il dato di preconsuntivo della produzione, stimato da Prometeia in crescita del 3% a 448 milioni di metri quadrati. Questo il commento di Giovanni Savorani, Presidente di Confindustria Ceramica: “Dopo un 2021 che aveva visto un progressivo incremento dei volumi di vendita, l’anno che si sta per chiudere registra evidenze in linea con quelli dello scorso anno. In termini di quote, l’Italia raggiunge il 20%, un 48% è destinato ai mercati comunitari ed il restante 32% su quelli più lontani. La domanda di ceramica, ravvivata dopo il lockdown e rafforzata dalla volontà di riqualificare gli spazi abitativi ad ogni latitudine, si basa sulle riconosciute peculiarità del materiale – in termini di salubrità, resistenza, durevolezza, tra le altre – e sulle crescenti destinazioni di impiego del prodotto, sia in ambito edilizio che nell’arredo. L’andamento della domanda, soprattutto nella prima parte dell’anno, ci consentirà di chiudere i bilanci con una crescita nei fatturati, ma non possiamo assolutamente rallegrarci. L’impressionante aumento nei costi di tutti i fattori produttivi, a partire dal gas naturale, sta mettendo a dura prova la competitività presente e futura delle nostre imprese. Questa crisi energetica ha bisogno anche di misure strutturali. La più importante è per noi la previsione di usare una quota crescente di metano nazionale per destinarlo ai settori gasivori. Questo sarebbe in grado di ridurre da subito le emissioni di CO2 legate all’import di gas e permetterebbe alle imprese dei settori non elettrificabili di non perdere gli investimenti fatti per la decarbonizzazione progressiva dei processi. È urgente dare corso a questa misura, orientandola verso le imprese più esposte all’uso del gas e garantendo un costo corretto che garantisca una transizione energetica avente, nello stesso momento, anche una sostenibilità economica e sociale. La transizione energetica richiede anche di mantenere alta l’attenzione sugli interventi di adeguamento e rinnovo del patrimonio edilizio nazionale. In questa direzione, interventi di modifica del Superbonus – strumento che ha avuto il pregio di far ripartire il mercato nazionale – devono essere improntati all’efficacia della misura agevolativa ed alla sua sostenibilità economica, ma anche alla necessità di garantire stabilità nel tempo a tutti gli operatori”.
Fatturati in calo e ritenute fiscali riducono la liquidità delle aziende
In tre mesi, nel periodo marzo/maggio 2024, gli investimenti nel settore dell’edilizia legati ai bonus edilizi, hanno registrato una contrazione nell’ordine del -17,4%. Ad aggravare la situazione delle aziende che lavorano nel comparto, l’incidenza delle ritenute...