Sono stati diffusi nei giorni scorsi i dati del “Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana”, realizzato in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili attraverso la ricognizione delle valutazioni di un campione di 4.000 commercialisti italiani. L’economia reale va male e sembra destinata ad andare peggio. Per il 62,1% dei commercialisti italiani l’attuale situazione economica del Paese è molto o abbastanza negativa. Cosa accadrà nei prossimi dodici mesi? Per il 48,8% dei commercialisti il quadro economico rimarrà negativo come oggi, per il 38,7% peggiorerà e solo per il 12,5% migliorerà. Secondo il 91,3% dei commercialisti negli ultimi dodici mesi le aziende clienti hanno subito ritardi nella riscossione dei crediti. E per il 52,6% nell’ultimo anno i tempi si sono allungati rispetto all’anno precedente. Inoltre, per l’87,7% le imprese a loro volta hanno pagato in ritardo i loro fornitori. Sono numeri che documentano un cortocircuito fatto di crediti difficili da incassare e pagamenti rinviati. La Pubblica Amministrazione contribuisce alla spirale negativa. Nell’ultimo anno per il 60% dei commercialisti le aziende si sono trovate alle prese con ritardi nei pagamenti da parte della Pa. Rispetto a un anno fa, per il 30,6% l’attesa si è allungata, per il 53,5% è rimasta uguale, solo per il 7,7% è diminuita. La PA cattivo pagatore aggrava i costi per le imprese, soprattutto per quelle di piccole dimensioni. Secondo il 52,6% dei commercialisti negli ultimi dodici mesi è aumentato il numero di aziende che effettuano i versamenti dovuti al fisco oltre la scadenza mediante il ravvedimento operoso. Il dato sale al 54,7% nel caso delle microimprese e scende al 25,8% nel caso delle imprese più grandi. Nell’ultimo anno secondo il 47,7% dei commercialisti è aumentato il numero di aziende con debiti con il fisco scaduti e non pagati (mentre per il 43% il numero è rimasto invariato e solo per il 5,9% è diminuito). Il dato sale al 51,5% nel caso delle microimprese e scende al 22,5% nel caso delle imprese più grandi.

Cresce la ricchezza netta delle famiglie
Alla fine del 2023 la ricchezza netta delle famiglie italiane, misurata come somma delle attività non finanziarie (abitazioni, terreni, ecc.) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.) al netto delle passività (prestiti a breve termine, a medio e...