Quando si fa un’analisi economica e sociale del Mezzogiorno e della sua purtroppo “storica” distanza con il resto del Paese, da tanti anni a questa parte i nodi da sciogliere risultano essere sempre gli stessi ed anzi negli ultimi 25 anni se ne sono aggiunti di nuovi. Diffusione della criminalità, burocrazia, carenze infrastrutturali e disoccupazione sono i temi ricorrenti, le “zavorre” che hanno frenato lo sviluppo del Sud. Nell’analisi che fa l’Ufficio Studi Confcommercio, “Economia e Occupazione al Sud 2015-2019”, emergono però anche degli elementi di novità: primo fra tutti quello della riduzione della popolazione giovanile residente, che nel periodo considerato si è ridotta di oltre un milione e mezzo impattando pesantemente sul livello di occupazione nel Mezzogiorno e sulla qualità del capitale umano. Tra il 1995 e il 2019 l’Italia nel complesso ha perso oltre un milione di giovani (da poco più di 11 milioni a poco più di 10 milioni) e tutta questa perdita è dovuta ai giovani meridionali. Quindi, parlando in termini meramente economici, il peso che tutti questi fattori hanno sul Pil pro capite per abitante è determinante e la quota di Pil prodotta dal Sud sul totale nazionale è diminuita passando da oltre il 24% del 1995 al 22% del 2019. Secondo i dati della ricerca, se questi fattori incidessero meno, nel giro di alcuni anni il prodotto lordo meridionale crescerebbe di oltre il 20% (+90 miliardi di euro).

Pompe di calore, un 2024 in lieve calo
In un contesto generale di difficoltà per la manifattura italiana, il settore delle pompe di calore elettriche si conferma come il più resiliente a livello europeo, trainato da un mercato sempre più orientato verso soluzioni sostenibili e ad alta efficienza...