Il Pil “equilibrato” avvicina l’Italia alla Germania

10/01/2020Mercato

Non ci sono solo le statistiche “ufficiali” della ricchezza nazionale per comprendere il grado di sviluppo di una comunità. “Anche senza entrare nel ginepraio degli indici di benessere è sufficiente considerare alcune variabili facilmente quantificabili e valorizzate in modo omogeneo a livello internazionale per arrivare a una definizione migliore del Pil. Considerando l’incidenza negativa delle emissioni di CO2, degli incidenti sul lavoro e su strada, della povertà si arriva a un concetto più preciso e più ricco di Pil che noi chiamiamo il Pil Equilibrato”, spiega Mariano Bella, alla guida dell’Ufficio Studi di Confcommercio. Quello di “Pil Equilibrato” è un concetto sviluppato da alcuni anni dal think tank dell’associazione della piccola impresa del commercio e dei servizi, per individuare un parametro di crescita che pesi non solo il portafoglio ma anche la qualità della vita. E se si considerano gli effetti negativi delle cosiddette “esternalità negative”, il quadro generale dell’economia nazionale ne esce migliore di quanto non appaia sulla base delle statistiche tradizionali. “Elementi che incidono negativamente sulla ricchezza nazionale come le emissioni di CO2 (il cui costo marginale sociale, per esempio, è considerato equivalente a 57 euro per tonnellata per tutti i Paesi), gli infortuni e l’incidenza della povertà assoluta sono meno rilevanti in Italia che in altri Paesi europei”, spiega Bella. È evidente infatti che produrre un Pil pari a 100, assieme a una certa quantità di emissioni nocive per l’ambiente e per l’uomo, non è la stessa cosa che produrre lo stesso Pil senza alcuna emissione. “Nella sostanza la principale conclusione dello studio è che se invece del Pil si considerasse il Pil Equilibrato la dinamica economica del nostro Paese risulterebbe, tra la fine del 2008 e la fine del 2017, migliore di 0,6 punti percentuali in termini reali. Anche nella comparazione internazionale, con il Pil Equilibrato l’Italia ridurrebbe i gap di performance. Se per l’Italia il Pil Equilibrato si è mosso meglio del Pil, per Francia e Germania si è mosso molto peggio (-1,2% e -0,4% rispetto al Pil nel periodo). Sull’arco dei dieci anni il differenziale tra la crescita del Pil dell’Italia e della Germania, negativo per l’Italia di circa il 10% si ridurrebbe ad un -8,7% con il Pil Equilibrato”, conclude Bella.

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